lunedì 15 ottobre 2012

Sindrome gesuitica



“Divorata dal senso di colpa” Questo è l’epitaffio che vorrei scritto sulla mia lapide.
Lo so, sono tristemente conscia che lo stato di devastante spossatezza in cui mi trovo, deriva dalla “sindrome gesuitica”.
Ne soffro da tempo, da quando il primo giorno di scuola della prima elementare, con un nuovo grembiulino nero con il fiocco blu, sono timidamente entrata a far parte dei membri di un collegio gesuitico.
I miei genitori, preferendo una scuola privata ad una troppo “proletaria” scuola pubblica, hanno segnato il mio destino facendomi diventare un’eletta!
Il lento ma progressivo lavaggio del cervello è iniziato quel giorno.
Tra spassosi ritiri spirituali, in magnificenti ville di campagna che facevano dubitare sul voto di povertà e carità tanto predicato, tra confessioni settimanali “vivamente consigliate” da preti troppo curiosi sulle prime esperienze sessuali degli alunni, si è formata la mia giovane e ancora malleabile psiche.
Avere frequentato preti  più o meno validi, sacerdoti più o meno casti, ma tutti uniti da una granitica e immobile fede cattolica, ha diviso in due falangi “l’un contro l’altra armate”, gli alunni del collegio.

Gli instancabilmente probi e i divertiti peccatori dilaniati da sensi di colpa.

 Indovinate un po’ in quale gruppo mi sono riconosciuta?
 Per indole critica e curiosa, allergica a qualsiasi tipo di prevaricazione, mi sono affiliata con sommo gaudio al secondo gruppo.
In una scuola dove sobrietà, ferrea disciplina, controllo costante degli adepti e assoluto divieto alla fornicazione, ho passato tredici, divertiti, anni della mia vita.
Ma…
Finito il liceo, libera e entusiasta di affrontare un mondo non più così ovattato ed esclusivo come quello del collegio, ho riconosciuto in me la diversità.
I sintomi della sindrome sono chiari e li vado ad elencare:
·         Affiliazione emotiva e fisica con i compagni di avventura, con riunioni regolari dove si ricordano con nostalgia, i bei tempi andati.
·         Ricerca, con massonica devozione, in caso di bisogno, dei membri della scuola.
·         Una desueta e inutile conoscenza di canti religiosi in latino.
·         La radicata convinzione di essere un’eletta.
·         L’adorazione per le grandi ville di campagna.
·         L’apparizione di una emotiva lettera scarlatta in caso di divorzi, tradimenti e figli fuori dal matrimonio.
·         L’odio per il ministero della confessione.
·         Senso di colpa perenne per tutte le attività ludico-disdicevoli.
·         Ego ipertrofico.
·         Sintomi di sdoppiamento della personalità: quella dissoluta cerca di uccidere la bacchettona che è in me.
·         Un avversione potente per tutti gli ordini ecclesiastici.
·         Un vivissimo rimpianto per non potere mangiare più le pizzette che vendevano al bar della scuola.

Se a tutto questo si aggiunge un’educazione meridionale-borbonica-maschilista, e neanche a dirlo, la presenza incombente di Lucilla, mi spiego lo stato di profondo abbattimento che patisco in questo particolare momento della mia vita.
Ne discutevo con Maurizio, il mio avvocato, ieri al bar tra un Gin Tonic e un Negroni, fumando mezzo pacchetto di sigarette, ridendo, divertita e curiosa, ascoltando le ultime evoluzioni sessuali del mio amico.
Ad majorem Dei gloriam

P.S. Se Maurizio avesse frequentato la mia scuola, sarebbe stato scacciato con disonore dal collegio e additato come elemento pericoloso e sovversivo!!!!

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