“Divorata dal senso di colpa” Questo è l’epitaffio che
vorrei scritto sulla mia lapide.
Lo so, sono tristemente conscia che lo stato di devastante
spossatezza in cui mi trovo, deriva dalla “sindrome gesuitica”.
Ne soffro da tempo, da quando il primo giorno di scuola
della prima elementare, con un nuovo
grembiulino nero con il fiocco blu, sono timidamente entrata a far parte dei
membri di un collegio gesuitico.
I miei genitori, preferendo una scuola privata ad una troppo
“proletaria” scuola pubblica, hanno segnato il mio destino facendomi diventare
un’eletta!
Il lento ma progressivo lavaggio del cervello è iniziato
quel giorno.
Tra spassosi ritiri spirituali, in magnificenti ville di
campagna che facevano dubitare sul voto di povertà e carità tanto predicato,
tra confessioni settimanali “vivamente consigliate” da preti troppo curiosi
sulle prime esperienze sessuali degli alunni, si è formata la mia giovane e ancora
malleabile psiche.
Avere frequentato preti più o meno validi, sacerdoti più o meno casti,
ma tutti uniti da una granitica e immobile fede cattolica, ha diviso in due
falangi “l’un contro l’altra armate”, gli alunni del collegio.
Gli instancabilmente probi e i divertiti peccatori dilaniati
da sensi di colpa.
Indovinate un po’ in
quale gruppo mi sono riconosciuta?
Per indole critica e
curiosa, allergica a qualsiasi tipo di prevaricazione, mi sono affiliata con
sommo gaudio al secondo gruppo.
In una scuola dove sobrietà, ferrea disciplina, controllo
costante degli adepti e assoluto divieto alla fornicazione, ho passato tredici,
divertiti, anni della mia vita.
Ma…
Finito il liceo, libera e entusiasta di affrontare un mondo
non più così ovattato ed esclusivo come quello del collegio, ho riconosciuto in
me la diversità.
I sintomi della sindrome sono chiari e li vado ad elencare:
·
Affiliazione emotiva e fisica con i compagni di
avventura, con riunioni regolari dove si ricordano con nostalgia, i bei
tempi andati.
·
Ricerca, con massonica devozione, in caso di
bisogno, dei membri della scuola.
·
Una desueta e inutile conoscenza di canti
religiosi in latino.
·
La radicata convinzione di essere un’eletta.
·
L’adorazione per le grandi ville di campagna.
·
L’apparizione di una emotiva lettera scarlatta
in caso di divorzi, tradimenti e figli fuori dal matrimonio.
·
L’odio per il ministero della confessione.
·
Senso di colpa perenne per tutte le attività
ludico-disdicevoli.
·
Ego ipertrofico.
·
Sintomi di sdoppiamento della personalità:
quella dissoluta cerca di uccidere la bacchettona che è in me.
·
Un avversione potente per tutti gli ordini ecclesiastici.
·
Un vivissimo rimpianto per non potere mangiare
più le pizzette che vendevano al bar della scuola.
Se a tutto questo si aggiunge un’educazione
meridionale-borbonica-maschilista, e neanche a dirlo, la presenza incombente di
Lucilla, mi spiego lo stato di profondo abbattimento che patisco in questo
particolare momento della mia vita.
Ne discutevo con Maurizio, il mio avvocato,
ieri al bar tra un Gin Tonic e un Negroni, fumando mezzo pacchetto di
sigarette, ridendo, divertita e curiosa, ascoltando le ultime evoluzioni
sessuali del mio amico.
Ad majorem Dei gloriam
P.S. Se Maurizio avesse frequentato la mia
scuola, sarebbe stato scacciato con disonore dal collegio e additato come
elemento pericoloso e sovversivo!!!!
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