venerdì 30 novembre 2012

sogni natalizi...



La luna splende alta dentro un cielo senza stelle, sono sdraiata sul divano e le luci di un piccolo albero di Natale illuminano la stanza buia.
 C’è un silenzio insolito, magico. Mi godo la mia cena a base di vino rosso e marron glaces.
I miei figli, nel pomeriggio, mi hanno costretto a tirare fuori dall’armadio albero e decorazioni, decisi ed esaltati dall’arrivo del prossimo Natale.
“Ragazzi un po’ presto per decorare l’albero, non credete?” Ho cercato poco convinta di dissuadere i piccoli invasati a posticipare un rituale che si compie ogni anno i primi di dicembre.
Non ero dell’umore adatto, ero triste, stanca e avevo ricevuto il giorno prima una lettera che non aveva alimentato il mio buon umore.
Ma alle mamme, si sa, il malumore non è permesso.
Armata di santa e prenatalizia pazienza, li ho accontentati. Claudio ha montato l’albero, io ho sistemato le luci colorate e Alessandro ha messo la stella in cima. Con un sottofondo di musiche natalizie scaricate da you tube abbiamo ballato, rotto cinque palle di vetro verde, addobbato l’albero in allegria e probabilmente mi sono guadagnata un'ernia del disco prendendo in braccio i miei amati vitelli.
I bimbi felici, corroborati da una merenda a base di cioccolata calda, finita l’opera mi hanno abbracciato felici del risultato ottenuto.
E’ stato difficile.
Quest’anno il Natale ormai incombente vorrei sparisse dal calendario, vorrei che magicamente Babbo Natale mi trasportasse al sette Gennaio, oppure vorrei trovarmi in un’altra vita, in un’altra dimensione.
Mi piacerebbe essere in una casa con dentro un camino acceso e la nebbia fuori e se fosse possibile, dato che sto sognando, mi piacerebbe una bella nevicata.
Vorrei andare a comprare un albero gigantesco, non un odioso albero di plastica. Uno di quelli che profuma di bosco, che inonda la casa di un fresco e pungente ricordo di montagna.
Vorrei tutte le persone che amo intorno a me la sera della vigilia, anche quelle che non ci sono più.
Cucinerei  piatti della tradizione, insieme al mio amore che beve vino in allegria, che mi abbraccia e mi sorride.
Tanti parenti, molti amici, una nidiata di bambini e un finto Babbo Natale che viene a distribuire i regali.
Di notte, quando tutti sono andati via e i bimbi sono a letto felici e addormentati, mi piacerebbe rimanere abbracciata davanti al camino, con lui che mi accarezza una pancia che cresce, una bambina, dopo due maschi vorrei una bambina.
Non sarà così, sarà triste, senza il mio lui che amo pazzamente, senza tutti i parenti e gli amici riuniti, senza la pancia che cresce.
Oggi sono triste.

martedì 27 novembre 2012

Sono dispari!



Mea culpa!
 Ho avuto molto da fare, così tanto, da crollare in dei micro sonnellini da dieci minuti che distribuisco random durante la giornata. Mi assopisco ovunque: ferma al semaforo, mentre chiacchiero con Lucilla al telefono, in fila alla cassa del supermercato, aspettando i bimbi fuori da scuola. Pericolosamente ovunque, tranne nei posti canonici, lì e solo lì, nel letto e sul divano, occhio pallato fino alle quattro del mattino.
Il rientro nel mondo del lavoro è lento, difficile, e ancora non remunerativo.
La casa da pulire e i figli da amare incondizionatamente, mi impegnano più del necessario, considerando l’assenza del mio ex coniuge.
La mancanza di pecunia avvilisce il mio sistema nervoso, mi fa stare in uno stato costante di allerta.
La mia vita sociale ormai inesistente è sepolta da sbadigli incontrollati.
Ieri sono andata alla prima festa di bambini da separata!!
Non avevo considerato ancora gli effetti della separazione sulla mia vita sociale che fino a ieri ruotava in un macro cosmo di famiglie "double face", modello “casa nella prateria” all’esterno e “guerra dei Roses “ all’interno.
Appena varcata la soglia dei giubilanti genitori di Federico, un compagno di scuola di Claudio, catapultata in un antro infernale di ricchi giochi e cotillon, ho avvertito un’attenzione nuova nei miei riguardi, un misto di imbarazzo e sospetto da parte delle felicemente accoppiate e una nuova considerazione da parte dei padri che ho sempre considerato frivoli.
L’emarginazione dai discorsi malevoli sulle moleste abitudini dei compagni di vita (normale routine fino a poco tempo fa) mi ha fatto sospettare che tutti in quella sala sapessero della mia nuova condizione di mamma separata. L’arrivo tempestivo delle mogli ad ogni mio non colpevole tentativo di intavolare una qualsivoglia discussione con “portatori liberi di pene”, mi ha fatto intuire che la lettera scarlatta brillasse di luce fosforescente sul mio casto dolcevita nero a collo alto.
Ho assistito personalmente a chiacchiere nascoste da una mano, sussurrate ad orecchie curiose, con sguardi carichi di compassione diretti nella mia direzione. Ero fuori dal gruppo, buttata fuori con disonore da un circolo privato dove vigono regole non scritte e a me sconosciute.
Ho raccolto pizzette, muffin e piccoli plum cake salati in un piattino e mi sono seduta ad osservare i festanti, ingozzandomi nervosamente di cibi ipercalorici, frustrata e tristemente sorpresa da questa nuova forma di razzismo.  
 I miei figli giocavano allegri con gli altri figli di felicemente accoppiati, inconsapevoli, della tristezza della loro mamma fintamente sorridente.
 Il vapore acqueo in deciso aumento nella sala e il mio malumore galoppante, mi hanno costretto ad una visita in balcone a fumare una consolatoria sigaretta.
Le ho sorprese là, le mie buone conoscenti, che come piccole galline starnazzanti, chiacchieravano amenamente sulla mia vita sentimentale, raccogliendo testimonianze, sentito dire, falsità.
Un vero e proprio brainstorming per accertare una situazione poco chiara, la mia. 
Che paura…
Se fai parte di una coppia da tanti anni, si smette di essere considerata come singolo individuo e si diventa magicamente un “loro” che annulla ogni sospetto. La coppia diventa uno scudo di tranquillità dove trincerarsi in un mondo difficile come quello dei genitori.
Il separato spaventa, pone delle scomode domande, ti fa riflettere su un pericolo incombente, da libero sfogo a fantasie pettegole.
Sono scappata, mi sono data alla macchia tra il soffio delle candeline e l’apertura dei regali, in un caos di pacchetti colorati e urla festose di bambini curiosi, ho raccolto le mie cose, promesso film e pizza sul divano ai miei figli, di natura poco inclini a lasciare le feste, e ho guadagnato l’uscita senza salutare.
Lo so, non si fa, non è educato, sono stata scortese. Ma ho una giustificazione.
Sono diventata dispari!!

venerdì 16 novembre 2012

Ti tagliuzzo a julienne!



Ore 3.25 del  mattino: Claudio, mi sveglia con urla disumane provenienti dalla sua stanza.
Come un guerriero di platoon, in silenzio e acquattata, mi avvicino alla fonte di tanta disperazione. Accertato incubo notturno e rassicurato, con baci e abbracci, bimbo in preda al panico, ritorno nel mio letto.
Ore 4.02 del mattino: Alessandro vaga nel buio in corridoio urtando ripetutamente “il cubotto parlotto” che suona e canta in inglese, nel silenzio di una casa che vuole dormire. Devo ricordarmi di togliere le batterie a quell’aggeggio infernale ( regalo di mia suocera…).
Ore 4.10 del mattino: Alessandro si palesa in camera mia, piangendo, chiedendo scusa per avere fatto pipì a letto, calmo il pargolo seguendo i consigli zen di SOS tata e per non creare cicatrici indelebili nella sua giovane psiche, lo rassicuro, lo lavo, lo cambio e lo piazzo nel lettone, mentre come una piccola formica operaia che fa gli straordinari, cambio le lenzuola e già che ci sono, faccio partire la lavatrice.
Ore 4.30 del mattino: Gomitata sul naso di una piccola cozza attaccata al suo scoglio. Guardo il suo viso angelico, per ricordarmi quanto è carino, dolce e affettuoso, per evitare di strozzarlo nella notte e nel buio riesco a sentire il suo sguardo su di me, rabbrividisco quando mi dice “Mamma ho sete, mi prendi un po’ d’acqua?”. Do da bere all’assetato e lo rispedisco, con vigore, nella sua stanza.
Ore 4.45 del mattino: Claudio va a fare pipì, tornando entra in camera e mi dice con voce lacrimosa “Perché fai dormire sempre Ale con te e a me dici sempre che devo dormire nel mio letto? Vuoi più bene a lui che a me, vero?”. Ignorando tutte le meravigliose teorie di quella megera di tata Lucia, lo abbraccio e gli faccio posto accanto a me per placare i sensi di colpa di una mamma separata. Lo abbraccio stretto e gli accarezzo la testa per farlo addormentare…rimango sveglia per i sensi di colpa indotti da quella nazista di tata Lucia.
Ore 5.03 del mattino: Occhi pallati, mal di testa latente, ascolto con attenzione esagerata, i rumori prodotti dal camion della nettezza urbana. Il signore del piano di sopra ha deciso che le cinque e dieci era un buon orario per andare in bagno.
Ore 6.00 del mattino: “Mamma ho fame!”  mi sussurra Alessandro all’orecchio facendomi rischiare una morte prematura. “Fila a letto” intimo con voce autoritaria, felice di non avere avuto un infarto.
Ore 6.10 del mattino: Cerco un’aspirina, in cucina, al buio per non svegliare nessuno, mal di testa in deciso aumento. Tornando in camera per poco non mi ammazzo inciampando nel “cubotto parlotto” che continua a parlare in inglese. Pensieri poco edificanti sulla sorte che auguro a mia suocera e al cubotto.
Ore 6.35 del mattino: “Mamma ho davvero tanta fame”, insiste il mio pervicace bambino. “Fila a letto, è ancora presto!” dico calma e perentoria, rendendo orgogliosa quella stronza di tata Lucia, assalita dall’atroce sospetto che tata Lucia non abbia figli.
Ore 6.45 del mattino: La Wind decide che è l’ora giusta per mandarmi un messaggio pubblicitario. 
Ore 6.50 del mattino: Tutto, miracolosamente, tace, mal di testa pulsante.
Ore 7.10 di questo meraviglioso mattino: Squilla il cellulare, interrompendo il micro sonno di venti minuti, incautamente rispondo: “ Amore, sono la mamma, che fai? Non mi dire che ancora dormi? Ho deciso che ti chiamo a quest’ora d’ora in poi, così sono sicura di trovarti! Non devi preparare la colazione ai miei nipoti, forza alzati pigrona!” blatera garrula Lucilla, che, è ovvio, non mai visto neanche una puntata di SOS tata.
Riesco a biascicare qualcosa del tipo “Ora non posso” e chiudo il telefono in faccia alla mia adorabile mammina, meditando di legarla ad una sedia e torturala con almeno otto puntate di tata Lucia.
Ore 7.20 del mattino: So che tra dieci minuti suonerà la sveglia e mi viene un attacco d’ansia, mi alzo e carico la lavapiatti. Decido, con la faccia da matta paragonabile a quella di Jack Nicholson in Shining, di farmi una doccia.
Ore 7.32 di questa splendida mattina: Claudio entra in bagno furibondo e tira la mia sveglia suonante nel water . “Mi ha svegliato!” dice con occhio truce.
Allora sapete che c’è: Al diavolo quella stronza di Tata Lucia,  mia madre, il centralino della Wind, il vicino di casa, il mal di testa, la cacca, la pipì e l’acqua!
Tra due ore ho il decisivo colloquio di lavoro che mi renderà, spero, una mamma separata e lavoratrice, e mi sento carica come un cobra prima dell’attacco, ho un mal di testa che me la vorrei mozzare di netto, una pediatra che non mi vuole prescrivere il Valium per fare dormire i bambini di notte e voglio incontrare tata Lucia per affogarla nel water insieme alla sveglia, in più sono sicura che se chiamo Marcello lui ancora dorme sonni beati!!!
Se  qualcuno oggi fa commenti sulle mie occhiaie e mi dice che ho la faccia tirata, lo tagliuzzo a julienne con un'accetta.

mercoledì 14 novembre 2012

A volte...



A volte, si incontrano persone giuste nel momento sbagliato, a volte persone sbagliate nel momento giusto, sarebbe meglio sincronizzare gli incontri, trovarsi, riconoscersi, amarsi, così semplicemente.
Non è mai così facile.
Ci sono persone che ti regalano sorrisi per un breve periodo e quelle che sono nate per frantumarti il cuore per sempre.
Ognuno si porta dietro come un bagaglio pesante i fantasmi degli amori perduti o di quegli amori che non hai saputo amare.
Davanti ad un caffè, seduta ad un tavolino del bar dei giardini fumo la prima, maledetta, sigaretta della giornata.
Imbottita in un piumino blu, che richiama il colore delle mie occhiaie, aspetto Maurizio, il mio avvocato per l’ultima revisione degli accordi per l’ormai prossima separazione.
Il laghetto, è fermo, immobile, le foglie gialle galleggiano sulla superficie dell’acqua, i rami degli alberi ancora carichi di molteplici  sfumature di arancione, si piegano come in un inchino, sull’acqua che raccoglie limacciosa, i colori di un grigio autunno.
Un gruppo di vecchiette ben vestite, chiacchiera bevendo cappuccini fumanti vicino a me, in un angolo, lontani da occhi curiosi, due amanti si guardano come se si ritrovassero l’uno negli occhi dell’altra, si tengono per mano, mentre si bestemmiano ti amo tra nuvole di condensa.
 Li invidio.
Tutta quell’energia, tutto quella passione che ti invade quando sei innamorata, la ricordo come una delle più sopraffina delle droghe.
Quante parole, quanti sogni, adesso il vuoto, un vuoto emotivo cosmico sulla mia facoltà di provare qualcosa.
Il caffè mi scalda la gola arrossata.
L’assenza d’amore mi è estranea, mi confonde, ma è tranquillizzante non essere in balia di sbalzi ormonali-umorali che destabilizzano. Ho voglia di pace, di silenzio interiore, di quiete per rassestarmi.
Si è l’universo intero per qualcuno, una perfida strega per qualcun altro, ci si attraversa nel profondo, si raggiungono intimità mistiche, ci si racconta bugie che parlano d’eternità e poi ci si stanca.
Si è stufi dei bugiardi, di quelli che ti vogliono solo portare a letto, di quegli amori così intensi, che non possono per loro natura che farti del male. Non ci si crede più, non si ha più voglia di sentire tanta energia.
Ci si nasconde, chi per paura, chi per debolezza.
Poi un giorno, per caso, quando meno te lo aspetti due occhi sconosciuti ti fanno sorridere dentro, ti riscaldano e si risale come se non ne fossi mai sceso, su quella giostra che durante la tua assenza non ha mai smesso di girare.
Sono stata tanto amata e ho amato tanto, ora voglio silenzio, penso guardando i due amanti allontanarsi mano nella mano chiusi nella loro bolla d’amore.
Maurizio arriva al tavolo con un vassoio con due caffè e cornetti caldi, si siede e accende una sigaretta.
“Buongiorno principessa, non hai una bella cera stamattina, notte insonne vero?” mi dice offrendomi la mia tazzina di caffè.
“Infatti, ma neanche tu sei in splendida forma, sembri accartocciato, queste donne ti consumano, cerca di smettere o ti verrà un infarto prematuro.”
“Lascia stare, faccio una fatica, ormai, ad inventare cazzate, ho perso lo smalto, non sono più il drago di una volta!”
“Prima o poi qualcuna ti ammazza”.
“Possibile, almeno muoio sul campo, come un eroe! Chi se ne frega, io dico ti amo a tutte così le metto serene, solo che a volte, davanti a delle mie ovvie omissione qualcuna si incazza, che palle, potrebbero farmi fare quello che voglio senza rompere le palle, ma dico, ma cosa costa loro assecondare la mia natura generosa e magnanima verso il genere femminile, la mia è una missione, le faccio tutte contente, sono un buon samaritano in fondo.”
“Molto in fondo…sai ti detesto!”