venerdì 14 dicembre 2012

Stop!



Ci sono dei momenti in cui devi osservare, smettere di correre, telefonare, riordinare.
Ci sono serate dove regna sovrana un’anarchia isterica data dalla stanchezza, dal freddo, da una giornata fuori casa, da uno “scatenato thè(non deteinato) con biscotti” organizzato dalle attivissime maestre delle elementari dei pupi.
Giornate dove i pensieri si rincorrono: la prossima partenza, il Natale incombente, i bagagli da preparare, un ex marito che pervicace continua ad urlare al telefono, i programmi di una nuova vita, il lavoro che non paga le bollette, la cena da preparare.
Sempre di corsa, sempre affannata, inseguita da mille impegni, sempre da sola a sbrigare tutto.
Ieri sera però ho osservato il viso di mio figlio Claudio, quel meraviglioso macrocosmo di emozioni nascoste, di pensieri arguti, di tenerezza celata per pudore da un pudore tutto suo.
Mi ha guardato con i suoi grandi occhi da Bambi, in silenzio, serio come solo un bambino di sei anni sa essere.
Voleva chiedere ma aveva paura. Ha guardato il suo piccolo orologio di gomma blu, timido, quasi di nascosto.
Sapeva che eravamo in ritardo sulla tabella di marcia, sapeva che aveva fatto troppi dispetti al fratello già dormiente, che mi aveva fatto arrabbiare, che ero stanca.
Era lì davanti a me, insicuro.
L’ho guardato e gli ho detto “Vieni qui, piccolo mio”.
L’ho visto sorridere, ho sentito i suoi muscoli rilassarsi mentre lo stringevo, i suoi occhi chiudersi per il sollievo.
L’ho portato nel mio letto, ci siamo nascosti sotto il piumone, al buio.
Gli ho raccontato della felicità che mi regala ogni giorno, che lo amerei comunque, anche se lui non si affannasse così tanto per essere il migliore.
L’ho coccolato, stretto, gli ho accarezzato la testa ricordandogli che anche nelle mie più sfrenate fantasie, non avrei potuto immaginare due figli migliori di quelli che ho, gli ho ricordato quanto è speciale e quanto è importante per me. Gli ho chiesto di lui, della scuola, del suo amore di cui non vuole parlare.
Abbiamo riso, ci siamo fatti il solletico, abbiamo giocato con una torcia sotto il piumone.
Si è addormentato sereno, col sorriso sulle labbra.
Mi sono ricordata, che a volte ci si deve fermare, bisogna ascoltare. Che è importante ricordare ai propri figli la felicità che regalano, anche se sei stanca, se la casa è nel caos, se ci sono mille cose da fare e altrettante a cui pensare. Che bisogna dire stop!
Che vuoi o non vuoi non puoi proteggerli da una separazione, che intuiscono, vedono, sentono.
Stamattina mi sono svegliata e lui mi stringeva la mano.

mercoledì 12 dicembre 2012

fine del mondo



Si fa un gran parlare del 21 Dicembre, della profezia Maya, della fine del mondo fino ad oggi conosciuto.

L’ostica questione pone dubbi amletici e profonde domande.

Chissà qual è l’abbigliamento adatto per la fine del mondo?

Potrei optare per un look da sopravvivenza alla Rambo (ago e filo per suture inclusi perchè qualche fortunato potrebbe sopravvivere) oppure un molto fascinoso abito lungo nero scollato sulla schiena, guanti di raso sopra il gomito, tacchi alti (almeno 12), in fondo se devo morire meglio farlo in grande stile!

I Maya che evidentemente avevano poco da fare ai loro tempi se non fare profezie catastrofiche su un futuro a loro lontanissimo, non ci hanno dato l’orario.

A che ora è la fine del mondo? Forse lo sa Ligabue…

Io normalmente sono una scettica, una di quelle che alle profezie non dà peso, che se ne sbatte allegramente ma nell’aree volteggiano presagi nefasti.

Vogliono fare slittare Sanremo ad esempio, Sanremo capite? Un pilastro inossidabile della cultura italiana spostato da idee reazionarie solo perché una deliziosa comica come la Litizzetto ha dato voce al pensiero di molti italiani…bruttissimo segno!

Il governo che cade, il ritorno del cavaliere nero e la vincita di Bersani è un trittico che non può, anche per una scettica come me, non destare perplessità su un periodo di sfiga sfolgorante che ci attende.

Ho letto di un enorme asteroide che passerà vicino la terra, che i simpatici Maya si siano sbagliati di qualche giorno?

Cari voi (Maya) non ci avete detto come! Come? Quale sarà la causa della nostra inprovvisa dipartita. 
 Moriremo ok, ma se uno fa una profezia di questa portata deve essere preciso, ci deve fornire i dettagli, i fronzoli, i particolari più verminosi e cruenti.

Moriremo flambè? Arrostiti come polli in un enorme girarrosto?

Congelati come stoccafissi da una improvvisa glaciazione o divorati da redivivi dinosauri carnivori?

Invasione di alieni arrabbiati come in una puntata di x files, virus letale, ghiacciai che si sciolgono annegandoci? La curiosità mi divora.

Vogliamo precisione.

Vedremo l’alba di un nuovo mondo? C’è chi sostiene che la profezia non parla di una catastrofe ma di una trasformazione, di un profondo e radicale cambiamento che riguarderà tutti i popoli.

Maya….Quale cambiamento??

 L’era dell’Acquario illuminerà le nostre infide anime? La sinistra italiana dirà finalmente qualcosa di sinistra? Il cavaliere nero ritornerà nel regno delle anime scure liberandoci dal male? Diventeremo tutti dei moderni hippy che predicano amore e pace?

 Ci sarà Sanremo prima delle elezioni? Mah?

Io intanto mi preparo, compro i regali di Natale per i miei bambini, decido il menù della cena di Capodanno e compro le mutandine rosse, così per esorcizzare il dubbio, mi metto avanti con il lavoro, programmo il trasloco e vado dal parrucchiere, dico “ti voglio bene” alle persone che meritano e mando al diavolo i bugiardi.

Spero di trovarvi tutti, satolli reduci da cenoni pantagruelici, ubriachi di famiglia, festosi e ingrassati per la befana.

Maya…Buon Natale e felice anno nuovo!


giovedì 6 dicembre 2012

Margherita e il cuore di cristallo.



La super efficiente maestra di Alessandro, oltre ad una lista infinita d’attività prenatalizie (ma perché???) mi ha dato il compito di scrivere una favola da leggere a tutti i bambini della scuola, se solo sapesse in quale stato di disperazione mi mette parlare in pubblico mi avrebbe evitato questa tortura.
L’ho scritta, fa più o meno così.
“C'era una volta, tanto tempo fa, in un paese costruito con piccole case di legno, una bambina di nome Margherita.
La sua mamma l’aveva chiamata col nome di un fiore perché era nata in una soleggiata giornata di primavera.
Margherita non era una bambina come le altre, era una bambina speciale.
Aveva il cuore di cristallo, di fragile e trasparente cristallo. Era nata diversa dalle altre bambine con un cuore normale, se per qualche ragione il cuore si fosse rotto, lei sarebbe morta.
Non c’era nessuna cura per un cuore così, disse il dottore alla mamma di Margherita, doveva solo stare molto attenta a non cadere, a non frantumare un cuore così delicato.
 Per proteggere la sua bambina la mamma di Margherita le costruì con cura, un’armatura fatta di legno e pelle di camoscio da mettere sul petto, l’armatura era pesante e ruvida ma la bambina per tranquillizzare la mamma la portava sempre addosso, anche quando dormiva.
Margherita era triste, odiava la sua armatura, avrebbe voluto essere una bimba come le altre con un cuore fatto di carne, avrebbe voluto correre al lago insieme ai suoi compagni e nelle prime giornate calde, farsi il bagno e giocare in acqua come tutti gli altri bambini, ma aveva paura. Per niente al mondo si sarebbe tolta l'armatura.
La mamma la consolava nelle notti di lacrime, la teneva stretta, le accarezzava i capelli, le raccontava favole  di principesse, di draghi che sputavano fuoco e di coraggiosi principi che le mettevano in salvo.
Un giorno, nel bosco intorno al paese dalle piccole case di legno, Margherita giocava insieme al suo fedele cagnolino Timmy. Per la strada maestra, passava arrancando, un giovane vestito di stracci, magro come un lungo e sottile chiodo di ferro. Timmy gli corse accanto e trotterellò vicino a lui in cerca di coccole.
“Mi scusi signore, è un cucciolo e ha tanta voglia di giocare” disse Margherita al ragazzo.
“Non ti scusare piccola, il tuo cane è davvero carino, mi dispiace solo di non poterlo accarezzare” disse con una voce triste il ragazzo.
Subito la bimba si accorse che il ragazzo camminava curvo e aveva l’espressione più triste che lei avesse mai visto.
“Hai fame? Chiese gentilmente Margherita.
“Molta, vengo da lontano e non mangio da giorni” rispose timidamente il giovane vestito di stracci.
“Ho del pane e del formaggio con me, se vuoi possiamo fare merenda insieme” disse Margherita tirando fuori dalla borsa la merenda che la mamma aveva preparato per lei.
“Sei molto gentile, accetto volentieri” disse il giovane.
Si sedettero vicino alla riva del lago mangiando in silenzio. Perché cammini sempre curvo?
“Sono nato così, ho il cuore di pietra e il peso del cuore mi fa stare piegato, non sento niente, né dolore, né amore, né tenerezza, nessun sentimento.” rispose il ragazzo.
“Perché porti quella buffa armatura sul petto? Non hai caldo bambina?  chiese il ragazzo finendo l’ultimo pezzo di formaggio.
“Devo proteggere il mio cuore di cristallo, è troppo fragile, si potrebbe rompere”.
Si guardarono in silenzio, erano simili, tutti e due avevano un cuore che non funzionava bene.
“Dove sei diretto?” chiese ancora la bimba.
Al paese dei sogni, non è lontano da qua.”
“Il paese dei sogni?”  chiese interessata Margherita. “Non ne ho mai sentito parlare, di che si tratta?” chiese attenta.
“Me lo ha indicato il  Mago Coniglio incontrato nel bosco” raccontò il giovane.
“E’ un paese magico dove si trovano tutti i sogni delle persone, se riesci a trovare il tuo,  diventerà realtà.”
“Ma davvero esiste un posto così?” chiese stupefatta Margherita pensando a quante volte aveva sognato di avere un cuore normale .”Sei sicuro che il sogno diventerà realtà se lo trovo?” domandò sempre più interessata.
“Così mi ha confidato il Mago Coniglio, io vado per prendermi il sogno di un cuore leggero che ho tanto sognato.”
Margherita decise all’istante di seguire il giovane vestito di stracci nel suo viaggio, sarebbe arrivata al paese dei sogni e avrebbe trovato il suo, quello di avere un cuore normale. 
Non poteva chiedere alla sua mamma il permesso, doveva scappare. La madre non avrebbe mai acconsentito, troppo preoccupata per la sua salute e per il suo fragile cuore.
“Vengo con te” disse al giovane vestito di stracci, voglio il mio cuore fatto di carne."
La strada per il Paese dei Sogni, passava per la foresta Blu che tanto impauriva la gente del villaggio di piccole case di legno.
Si raccontavano storie di terrificanti streghe vestite di blu che prendevano i viandanti per nasconderli nelle loro caverne segrete. Si raccontava che nessuno era uscito vivo dalla foresta Blu.
“Sono tutte credenze popolari, storie inventate per non fare allontanare i bambini nel bosco” disse calmo il ragazzo vestito di stracci, camminando all’interno della foresta. 
“Stai tranquilla Margherita, arriveremo nel paese dei sogni all’alba del prossimo giorno.
La foresta era fitta e i rami appuntiti tagliavano la delicata pelle di camoscio della sua armatura. Gli alberi avevano le foglie di una strana sfumatura di blu che faceva rabbrividire di paura Margherita. Il sole stava tramontando, e i due viaggiatori stanchi e affamati cercavano un rifugio per accamparsi per la notte.
In lontananza, nel buio illuminato da una piccola torcia, che il ragazzo vestito di stracci aveva con se, scorsero una casetta, con le finestre accese e un denso fumo che usciva dal comignolo.
“Andiamo a bussare Margherita, se troviamo una persona gentile, ci darà un posto caldo per dormire, e se siamo fortunati anche qualcosa da mangiare.”  disse il ragazzo anche lui stremato dal viaggio.
Timidamente la bambina bussò all’uscio della casa illuminata.
Aprì una vecchina dai capelli bianchi e dal grembiule blu.
Che volete?  chiese burbera.
“Riparo per la notte, siamo stanchi e affamati” disse Margherita con un fil di voce ricordando le storie terrificanti delle streghe vestite di blu.
Entrate” disse la vecchina.
Seduti vicino al fuoco mangiarono dell’ottimo stufato di carne che la vecchia burbera gli aveva gentilmente offerto senza dire una parola. Si addormentarono lì, davanti al camino, per terra, stremati dal viaggio.
Ad un tratto una puzza di bruciato svegliò Margherita dal suo sonno.
Oh no! L’armatura aveva preso fuoco, si era addormentata troppo vicino, stava bruciando. Svegliò il giovane vestito di stracci in cerca d’aiuto, terrorizzata.
Il giovane maldestramente  riuscì a slegare l’armatura, buttandola velocemente nel camino, bruciandosi tutte e due le mani.
“Che paura ho avuto! Adesso come faccio senza l’armatura?" disse piangendo Margherita.
"Devi solo stare attenta, piccola mia, vedrai che andrà tutto bene."
Margherita, per la prima volta da quando era nata, si sentì libera senza la sua armatura.
“Hai ragione” disse, asciugandosi le lacrime, ce la farò, devo farcela.
Il giovane abbracciò forte la bambina e si addormentarono sfiniti.
L’indomani al loro risveglio, ebbero una incredibile sorpresa, la casa era scomparsa, la vecchina era difronte a loro vestita con uno scintillante abito blu.
“Non abbiate paura ragazzi, sono la fata Blu che protegge l’entrata del Paese dei Sogni, prego questa è l’entrata, disse indicando una porta ricoperta di fitta edera verde. Buona fortuna e spero che troviate quello che tanto vi sta a cuore." disse prima di sparire in una nuvola di fumo blu.
Superarono la porta ricoperta di edera verde e rimasero esterrefatti  nel vedere maestoso, il Mago Coniglio, seduto su un trono di diamanti, rubini e smeraldi.
“Benvenuti” disse il Mago Coniglio. “Avete fatto tanta strada per venire a recuperare i vostri sogni!"
“Salve Mago Coniglio, dove possiamo trovare i nostri cuori di carne? chiese impaziente il giovane vestito di stracci.
Il Mago Coniglio stette un momento in silenzio guardando i due giovani.
“Cari ragazzi inizio col dirvi che non esiste nessun Paese dei Sogni!”
“Cosa? Gridarono insieme i due giovani sfortunati. 
“Mi hai ingannato” urlò il ragazzo tutto rosso in faccia per la rabbia di essere stato preso in giro, mentre Margherita piangeva di un pianto inconsolabile.
“Ragazzi, la magia l’avete fatta voi e non ve ne siete resi conto.
 Margherita ha superato la sua paura di vivere senza l’armatura e tu giovane arrabbiato hai sciolto il tuo cuore lasciando entrare tenerezza e affetto quando hai salvato la bimba dal fuoco e ira per essere stato ingannato. Tornerete a casa con i vostri cuori fatti di carne, ve ne farò personalmente dono.
 Avete superato le vostre paure e i vostri limiti come solo i coraggiosi riescono a fare, per questo sarete premiati."
Il giovane improvvisamente si sentì leggero, il peso di un cuore di pietra era magicamente sparito, tanto da farlo stare dritto.
 Margherita, per la prima volta, sentì il suo giovane cuore battere veloce nel petto per l’emozione. 
I ragazzi erano guariti e felici di una gioia mai provata, si abbracciarono.
“Andate ora, disse il Mago Coniglio e ricordate che voi e solo voi, col vostro coraggio, siete riusciti a guarire i vostri cuori, io vi ho dato solo un semplice aiuto.”
E come si dice alla fine di una fiaba… 
...Larga la foglia stretta la via, dite la vostra che io ho detto la mia…
















venerdì 30 novembre 2012

sogni natalizi...



La luna splende alta dentro un cielo senza stelle, sono sdraiata sul divano e le luci di un piccolo albero di Natale illuminano la stanza buia.
 C’è un silenzio insolito, magico. Mi godo la mia cena a base di vino rosso e marron glaces.
I miei figli, nel pomeriggio, mi hanno costretto a tirare fuori dall’armadio albero e decorazioni, decisi ed esaltati dall’arrivo del prossimo Natale.
“Ragazzi un po’ presto per decorare l’albero, non credete?” Ho cercato poco convinta di dissuadere i piccoli invasati a posticipare un rituale che si compie ogni anno i primi di dicembre.
Non ero dell’umore adatto, ero triste, stanca e avevo ricevuto il giorno prima una lettera che non aveva alimentato il mio buon umore.
Ma alle mamme, si sa, il malumore non è permesso.
Armata di santa e prenatalizia pazienza, li ho accontentati. Claudio ha montato l’albero, io ho sistemato le luci colorate e Alessandro ha messo la stella in cima. Con un sottofondo di musiche natalizie scaricate da you tube abbiamo ballato, rotto cinque palle di vetro verde, addobbato l’albero in allegria e probabilmente mi sono guadagnata un'ernia del disco prendendo in braccio i miei amati vitelli.
I bimbi felici, corroborati da una merenda a base di cioccolata calda, finita l’opera mi hanno abbracciato felici del risultato ottenuto.
E’ stato difficile.
Quest’anno il Natale ormai incombente vorrei sparisse dal calendario, vorrei che magicamente Babbo Natale mi trasportasse al sette Gennaio, oppure vorrei trovarmi in un’altra vita, in un’altra dimensione.
Mi piacerebbe essere in una casa con dentro un camino acceso e la nebbia fuori e se fosse possibile, dato che sto sognando, mi piacerebbe una bella nevicata.
Vorrei andare a comprare un albero gigantesco, non un odioso albero di plastica. Uno di quelli che profuma di bosco, che inonda la casa di un fresco e pungente ricordo di montagna.
Vorrei tutte le persone che amo intorno a me la sera della vigilia, anche quelle che non ci sono più.
Cucinerei  piatti della tradizione, insieme al mio amore che beve vino in allegria, che mi abbraccia e mi sorride.
Tanti parenti, molti amici, una nidiata di bambini e un finto Babbo Natale che viene a distribuire i regali.
Di notte, quando tutti sono andati via e i bimbi sono a letto felici e addormentati, mi piacerebbe rimanere abbracciata davanti al camino, con lui che mi accarezza una pancia che cresce, una bambina, dopo due maschi vorrei una bambina.
Non sarà così, sarà triste, senza il mio lui che amo pazzamente, senza tutti i parenti e gli amici riuniti, senza la pancia che cresce.
Oggi sono triste.