La mattinata non è iniziata sotto i migliori
auspici…un esercito di soldati con scarponi chiodati marcia dentro la mia testa,
ricordandomi ad ogni passo “l’accidentale”
assunzione di un terzo di bottiglia wodka di ieri sera.
La devastazione di una serata di bagordi
solitari ( da non ripetere mai più) si legge facilmente sul mio viso: occhiaie
bluastre, palpebre gonfie come canotti, espressione da ebete data da un mal di
testa pulsante e occhi rossi regalati da mezzo pacchetto di sigarette.
Dopo avere lavato, nutrito e vestito i miei
emozionati pargoli, li ho condotti con non poche difficoltà davanti al portone
della scuola elementare, dove ho assistito a scene di giubilo scomposto.
Genitori in preda ad un’euforia molesta si
scambiavano pacche complici sulle spalle, commenti ironici sulla fine delle vacanze
estive risuonavano tra le aule, alcuni urlavano ”evviva” ebbri di felicità dopo avere depositato i frutti dei loro lombi
a delle maestre riposate e abituate a genitori galvanizzati dalla libertà.
Dalle otto e venti alle sedici e trenta, liberi
dalla rumorosa prole.
I miei figli, nei loro grembiuli a quadretti, con
le manine timide facevano ciao ai loro compagni e mi mandavano bacetti volanti
nel tentativo di rimandare il distacco.
Timidi ma sollevati di rientrare dopo un’estate
frenetica, in quel mondo felice e abitudinario che è la loro scuola.
Ci siamo
rincontrati con un folto gruppo di genitori al bar appena fuori la scuola a festeggiare e
brindare con meritati caffè all’inizio del nuovo anno scolastico.
Dopo tre
mesi di vicinanza continua, di coccole affettuose, di giochi da spiaggia e di
lunghe sere estive abbracciati nel lettone, per un attimo ho riconosciuto
quella sensazione di doloroso distacco, quell’assurdo senso di colpa per avere
abbandonato i cuccioli con gente sconosciuta, quella intima e struggente mancanza,
ma è stato solo un attimo, un fremito fuggevole, dopo il quale mi sono unita al
coro degli altri genitori: evviva!!!
Per la strada, in macchina, col sottofondo di “Basta così”
di Elisa e Negramaro pensavo a quello che avrei dovuto dire a Maurizio.
“Che bello vederti, sei sempre in splendida forma” dice
sorridendo Maurizio appena entrata nel suo studio.
“Ciao, avrei preferito vederti in un’altra occasione, ma
sono contenta anch’io” aggiungo baciandolo.
“Tesoro, lo sai, io
per un aperitivo ci sono sempre!” dice passandosi una mano tra i riccioli
scuri.
“Sei sempre il solito, non so perché ma lo sentivo che non
eri cambiato tanto”
Profuma di buono, di camicia pulita, dopobarba e Marboro
Light.
“Ti sei fatto crescere i capelli!” dico accomodandomi su
una morbida poltrona di pelle rossa che profuma di nuovo.
Tutto intorno a me è bianco, rosso e nero.
Prima di essere stato costretto dal padre a fare legge,
Maurizio avrebbe voluto fare l’architetto, ha un ottimo gusto per
l’arredamento.
La stanza ha uno stile moderno, essenziale, geometrico, che
contrasta con l’aria da figlio dei fiori del mio amico.
“Allora Paola dimmi tutto, che succede? Ti sei sposata con
uno stronzo che non ti capisce e non fa più sesso con te e ora ti vuoi
separare?” dice allargando le braccia sorridendo.
“Ci hai quasi preso, più semplicemente non ci amiamo più di
quell’amore che ti fa rimanere insieme” rispondo seria e contrita dal mal di
testa.
“Sei sempre la solita romanticona, ma ancora non l’hai
capito che l’amore quello vero non esiste? Che il vissero felici e contenti è
una favola scritta da un prete ottimista?
Sapessi quanti ne
vedo ogni giorni di grandi ex amori
sgretolarsi e trasformarsi in odio perenne alla decisione su chi deve avere la
tv al plasma!”
“Cinico mai stanco, vedo? Anche in questo non sei cambiato.
Mi ricordo che al mare cambiavi fidanzata al ritmo scandito dalle mare!”
“Sono ancora così, con tutto quello che vedo qua dentro non
potrei innamorarmi neanche se volessi, come diceva Alberto Sordi, io una
estranea a casa mia non ce la voglio!!” dice concentrato a digitare sul suo iphon messaggi ad una velocità
innaturale.
“Scusami” dice sotto voce, intento in un intenso scambio di
messaggi, “questa non mi molla, sai è una di quelle pericolose, quelle che si
innamorano, una stalker, una vera stalker.”
“Prego fai pure” dico guardandomi intorno e sperando che anche
a mio marito capiti una stalker, ma non di quelle che si innamorano ma di
quelle che lo perseguitano, una come Glenn Close in attrazione fatale per
intenderci.
Le immagini di Marcello minacciato con un coltellaccio da cucina da
una bionda riccioluta in bagno mi fa involontariamente sorridere.
Maurizio mi lancia occhiate di muta comprensione mentre si
affanna a digitare parole alla sua perseguitrice, ha molte più rughe intorno
agli occhi dall’ultima volta che siamo visti, il posacenere è traboccante di
mozziconi spenti, é dimagrito.
“Allora dicevamo?” mi chiede risorta dallo scambio di
messaggi.
“Direi che mi devi seguire nella separazione da mio marito”
"Tesoro, mai io ti seguo dove vuoi guarda, vado dove vuoi tu" dice guardandomi con due occhioni da marpione che conosco bene.
Da una macchina in strada arrivano le note del pezzo che ascoltavo prima.
"Forza cominciamo!" dico sbrigativa.
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