lunedì 24 settembre 2012

La giornata dei se...



La cucina che dà sul giardino è in penombra, il cielo carico di pioggia rende tutto più tetro, triste. Seduta sul dondolo respiro l’odore di umido, salsedine e erba bagnata. Ha piovuto tutta la notte, la terra profuma di buono.
Oggi Marcello ha portato i cuccioli dalla nonna e poi a mangiare fuori, in casa c’era un silenzio claustrofobico, si sta meglio qua fuori, si respira aria fresca, pulita. 
Il caffè mi scalda la gola arrossata, ieri ho ricominciato a fumare, ma si può essere più scemi? Dopo sette anni è un’idiozia ma mi vizio pensando che è un momento e passerà.
La penna scorre veloce sul foglio, devo fare delle pause e asciugarmi le guance per non bagnarlo, scrivo a Marcello per l’ultima volta perché sono stanca di provare a spiegarmi ed essere interrotta da urla e insulti. Anche stamattina.
Sono stanca.
"Se tu mi avessi chiesto scusa almeno una volta per come ti sei comportato, per il dolore che con indifferenza mi hai regalato, sarebbe stato diverso, molto diverso.
Se tu avessi provato con dolcezza per una volta in quindici anni a capirmi, a metterti nei miei panni.
Se tu mi avessi lasciato parlare, e lo sai quanto mi viene difficile, di quello che avevo nel cuore, se tu avessi amato il nostro amore e la storia che avevamo costruito non saremmo arrivati dove siamo adesso.
Te ne sei appena andato urlando e sbattendo la porta, come vedi non è cambiato niente.
Sempre le stesse dinamiche, la stessa assoluta mancanza di empatia. Sono senza forze impietrita da parole che non avrei voluto sentire mai.  Ti odio per questo.
Mi sarebbe piaciuto sedermi in cucina, come facciamo sempre quando dobbiamo parlare, e aprirti il mio cuore, dirti cosa mi passa veramente per la testa, confessarmi.
Dirti che forse non era la scelta giusta lasciarci, che ci amavamo ancora abbastanza per non rovinare una famiglia, che Simone non era niente, che nessuno mai sarà quello che tu sei stato per me. Io ti amo ancora tanto, ma di un amore rassegnato, che sa che non è abbastanza. Parli solo di soldi e non fai che alimentare la mia rabbia.
Sono mortalmente stanca e rabbiosa.
La mia rabbia è una mano a cui mi sono sempre aggrappata quando ho avuto paura di cadere. Esplode dentro di me e io la lascio invadere ogni particella del mio essere, la faccio gonfiare per cancellare il dolore.
Ha sempre funzionato, è un motore fortissimo che ti fa reagire, che non ti permette di deprimerti, che ti anestetizza come la migliore e sopraffina delle droghe. Tutto il dolore, la tristezza e la voglia di accartocciarsi su se stessi vengono spazzati via come da un tifone e il vento si diffonde e distrugge. Una rabbia violenta, che viene dalla parte più sana di te stessa, che ti libera. Un’energia potente quanto potente è la voglia di sopravvivere al dolore.
Mi sarebbe piaciuto davvero poter parlare così con te, ti avrei accarezzato la mano, forse avrei pianto, lacrime di commozione parlando di noi e di tutto quello che siamo stati.
Avrei fatto qualche battuta, ti avrei preso in giro, un po’ per sdrammatizzare, forse avresti sorriso.
Mi ha lasciato qui da sola come sempre a guardare una porta sbattuta in faccia.
Se tu fossi stato accogliente con me staremo ancora insieme.
Se tu non avessi fatto entrare gente stupida e invidiosa tra noi, se fossi stato più uomo e meno bambino,
                                                       Se…..

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