martedì 1 novembre 2016

#rimandiamoilreferendum

1 Novembre.
Dopo un’indigestione di castagne, caramelle, cioccolata, dopo Halloween, dopo il terremoto.
Leggendo il giornale, mi viene da chiedere come oggi si devono sentire gli sfollati.
Perché è vero che la vita continua, perché è giusto guardare le cose con una certa distanza, perché è sacrosanto continuare  a fare quello che si deve fare.
Ma tutte le persone senza una casa, oggi come si devono sentire?
Non vi capita mai di pensare e se fosse successo a me?
Si chiama compassione. Non nell’accezione negativa di pena, la pena è tutt’altro sentimento con una ben diversa origine. La  compassione è unione, lo trovo un sentimento d’unione.
Significa mettersi nei panni di qualcun altro.
Costretti ad andare, a lasciare a dormire nei treni, in posti che non gli appartengono.
Con una vita deviata su un binario che mai si sarebbero sognati di prendere.
Senza casa.
Sull’ingiustizia di una terra che trema violenta, purtroppo non c’è niente da dire.
Si tratta adesso di fare. Scioccati e impreparati, ma da fare c’è parecchio.
Sento vaneggiamenti culturali che parlano di ricostruire chiese.
 Sono pietre, si pensi prima alle persone.
Io farei un appello. Rimandiamo il Referendum sulla costituzione e diamo i tanti soldi a chi ne ha davvero bisogno.
Non è un’idea bislacca.
Questo referendum è un guazzabuglio di controsensi  ancora prima di essere stato fatto.
Una farsa, ormai.
C’è un’emergenza contro un guazzabuglio.  
Persone senza casa contro una decisione che si può comunque rimandare.

#rimandiamoilreferendum

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