1 Novembre.
Dopo un’indigestione di castagne, caramelle, cioccolata,
dopo Halloween, dopo il terremoto.
Leggendo il giornale, mi viene da chiedere come oggi si
devono sentire gli sfollati.
Perché è vero che la vita continua, perché è giusto guardare
le cose con una certa distanza, perché è sacrosanto continuare a fare quello che si deve fare.
Ma tutte le persone senza una casa, oggi come si devono
sentire?
Non vi capita mai di pensare e se fosse successo a me?
Si chiama compassione. Non nell’accezione negativa di pena,
la pena è tutt’altro sentimento con una ben diversa origine. La compassione è unione, lo trovo un sentimento
d’unione.
Significa mettersi nei panni di qualcun altro.
Costretti ad andare, a lasciare a dormire nei treni, in
posti che non gli appartengono.
Con una vita deviata su un binario che mai si sarebbero
sognati di prendere.
Senza casa.
Sull’ingiustizia di una terra che trema violenta, purtroppo
non c’è niente da dire.
Si tratta adesso di fare. Scioccati e impreparati, ma da
fare c’è parecchio.
Sento vaneggiamenti culturali che parlano di ricostruire
chiese.
Sono pietre, si pensi prima alle persone.
Sono pietre, si pensi prima alle persone.
Io farei un appello. Rimandiamo il Referendum sulla
costituzione e diamo i tanti soldi a chi ne ha davvero bisogno.
Non è un’idea bislacca.
Questo referendum è un guazzabuglio di controsensi ancora prima di essere stato fatto.
Una farsa, ormai.
Una farsa, ormai.
C’è un’emergenza contro un guazzabuglio.
Persone senza casa contro una decisione che si può comunque
rimandare.
#rimandiamoilreferendum
Nessun commento:
Posta un commento