mercoledì 11 settembre 2013

Sindrome da rientro -parte seconda



Il viaggio in treno fino alla meta nordica è in religioso silenzio, si dorme, perché un sonno atavico, risultato dalle nottate sveglia a guardare l’alba ti culla e cadi nell’oblio. Come una moderna Rossella O'hara pensi prima di sprofondare in un sonno liberatorio un comodo “ci penserò domani”.
E’ domani, e si continua a non avere voglia di pensare o di parlare.
Arrivo a Bologna. Per dirne una, ci sono almeno dieci gradi in meno, non sei felice ma te lo aspettavi.
La cassetta della posta ti aspetta gravida al nono mese  di bollette da pagare, tu le ignori e apri la porta di casa.
Entrare ti rallegra, per dieci lunghissimi minuti, ti riappropri della tua cuccia, trovi conforto in quell’ambiente così familiare, trovi confortevole il loculo metropolitano dove vivi quando non sei a casa.
Le valige, che colpita da pigrizia momentanea, vorresti lasciare sul pavimento  a fare la muffa fino a natale profumano di capperi e del vasetto di melenzane che ovviamente si è frantumato rovinando per sempre il tuo vestito preferito. Già ti gira male.
Per esorcizzare un silenzio a cui non sei più abituata  ti fai un caffè decaffeinato, vietandoti di pensare alla granita con panna e brioches calda, compagna di colazioni al mare e io, che ripeto sono afflitta  da un bisogno compulsivo di stilare liste, ne scrivo a penna una lunga un chilometro su tutte le cose che devo fare per rimettere in piedi degnamente la mia vita da emigrante.
Presa da una smania organizzativa tipica dei popoli nordici cerchi di non frantumarti per le scale per portare in cantina tutto quello che trovi superfluo in casa, perché  un’improvvisa claustrofobia ti rende intollerabile il poco spazio del tuo loculo.
Pulisci il frigo, in previsione di una spesa da minimo 150,00 eurini, spesa consolatoria, perché il frigo vuoto, si sa fa deprimere.
Rimandi alla sera la lettura della posta, grave errore che si perpetua negli anni.
Come quando ti lasci con il tuo grande amore, non rispondi alle mille telefonate di parenti che vogliono sapere come stai, fa troppo male.
Perseveri e trottoli per tutto il giorno per organizzare, pulire, prendere appuntamenti, rivedere i nordici amici per un riallaccio salutare.
Riprendere le vecchie abitudini è fondamentale per non crollare, in termini scientifici, si chiama rimozione.
Noi emigranti siamo bravissimi nella rimozione, i ricordi dell’estate passata verranno fuori solo quando saremo pronti, psicologicamente pronti.
La sera, stravolta dalla fatica, con una casa che è uno specchio, dopo aver organizzato pulito e preso appuntamenti decidi (stolta) di aprire il chilo e mezzo di lettere. Sul divano, in compagnia di un bel bicchiere di vino, le apri.
Dopo un’ora sei in lacrime e pronta al suicidio. Ti hanno disattivato Sky, e vi dico che Sky cinema al nord è il tuo migliore amico, tagliato il gas, e hai dimenticato di pagare l’ultima rata dell’acqua e della spazzatura.
L’umore è simile a quello di una sindrome pre-mestruale, tra il lacrimevole e l’isterico per intenderci, attanagliata da una malinconia incolmabile svieni sul divano, ricordando tua  sorella, i sorrisi dei tuoi nipoti, la tua mamma e i bellissimi giorni passati. Forse a quel punto una lacrimuccia bagna la lettera di Sky.
Sono tornata.



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