L’orologio segna mezzanotte.
Nella sala d’aspetto del pronto soccorso dell’ospedale Sant’Orsola c’è molto movimento nonostante l’ora
tarda. Una mamma culla il figlio dolorante per un più che evidente bernoccolo
sulla fronte. “E’ caduto dal letto e ha sbattuto contro il comodino, saltava e
cantava e poi giù, lo so che è una sciocchezza però le botte in testa mi fanno
paura” dice in risposta al mio sguardo interrogativo.
Chissà perché molte mamme che arrivano trafelate con il
figlio gonfio per qualche assurda peripezia che solo i bambini hanno la potenza
di compiere la domenica sera, tendono a giustificarsi per paura di essere
scambiate per mamme che picchiano i propri figli.
Tanti neonati con la febbre alta accompagnati da genitori
col terrore dipinto in faccia affollano la piccola sala, se mi va bene quando
andrò via, porterò con me una bella influenza!
Il riscaldamento è al massimo, soffocante. Ho preso la
macchina per venire qua, forse non avrei dovuto ma non avevo altra scelta. Un’abbondante
signora in pantofole, piange con discrezione in un angolo, aspetta notizie del
marito, un codice rosso, portato d’urgenza in neurologia.
Io sono un codice verde, posso aspettare.
Sì, ho capito ma a me gira la testa e mi sento morire, ho i
brividi e il cuore batte random seguendo un ritmo che non è normale…Quando mi
chiamano?
Ero a casa, avevo messo a letto i bimbi da un po’ e guardavo
un film angosciante sul nazismo quando improvvisamente mi è mancato il respiro,
la testa ha cominciato a girare e avevo la netta sensazione di svenire. Mi sono
seduta e nel panico totale la parte saggia di me ha razionalizzato.
Chiamare la vicina per tenere i bambini, uscire direzione
pronto soccorso. Questi sono stati gli
unici pensieri coerenti alla situazione che sono riuscita a produrre. Avrei
dovuto chiamare un taxi, invece ho guidato, posteggiato e sono entrata tremante
al pronto soccorso.
Forse è stato un mese molto difficile, forse è solo un forte
attacco d’ansia, forse una di quelle misteriose influenze senza febbre…Ma quando
mi chiamano?
Pensando positivo, la situazione non è così grave, se mi
viene un infarto sono nel posto giusto…
“Prego si accomodi” mi dice un infermiere che zoppica con un
accento del profondo sud.
Disciplinata come una scolaretta lo seguo in ambulatorio.
Mi fanno accomodare su un lettino e un anziano medico con
gli occhiali mi intima di spogliarmi senza neanche guardarmi.
Almeno guardami no? Il contatto visivo crea empatia non te l’hanno
insegnato anni di duro lavoro?
In silenzio, con uno stetoscopio ghiacciato ascolta il mio
cuore ballerino e subito dopo con appena un gesto del capo mi invita a
porgergli il braccio per misurare la pressione.
“Mi dica, cosa succede? “mi chiede gentile.
“Non dovrebbe dirmelo lei?”
rispondo agitata.
“Ha la pressione alta normalmente?” chiede scrivendo
qualcosa su un registro.
“No, bassa direi, sempre 70 su 110 di solito, perché?”
chiedo sempre più ansiosa.
“Ha la pressione alle stelle ed è tachicardica” sentenzia guardandomi serio.
“Quindi cosa c’è che non va?” chiedo irritata.
“Ha una crisi di panico, spesso i pazienti la scambiano per
un infarto, si tranquillizzi è tutto a posto, ora le darò qualcosa per
calmarla. E’ allergica a qualche medicinale?” mi chiede gentile.
La crisi di panico e l’invito a tranquillizzarmi è un
ossimoro che non riesco a non notare.
“Cosa non va nella sua vita in questo momento?” chiede
premuroso iniettandomi un liquido che dovrebbe farmi passare questo senso di
oppressione.
Tornata a casa un’ora dopo, liquidata la vicina con tanti e
sentiti ringraziamenti, mi sono messa a letto col terrore che il panico si
facesse risentire.
“Cosa non va nella mia vita?”…che domanda azzeccata…
Ho intrattenuto lo sbigottito e paziente dottore per una
buona mezz’ora raccontando della fine del mio matrimonio, del prossimo
trasloco, delle difficoltà lavorative, dei soldi che non bastano mai.
Gli ho raccontato di Lucilla che mi strazia con i suoi
rimproveri sulla morale, del mio ex marito che mi logora con le sue accuse, della
mancanza di un abbraccio quando sei stanca. Gli ho parlato della mia cellulite, dei quarant'anni che pesano, della mia voglia di un altro figlio. Mi ha ascoltato quando blateravo sulla mia voglia di pace, di un lifting, e del corso di zumba a cui non posso iscrivermi per mancanza di pecunia.
Gli ho confessato spudorata della mia
assoluta mancanza di buon sesso e di quanto mi manca avere un vigoroso uomo accanto,mentre il mio cuore ritornava a battere
normalmente.
Lui ha ascoltato
serafico, stoicamente le mie divagazioni su una vita che al momento non mi
soddisfa , si è tolto gli occhiali e serio serio mi ha domandato “Signora, aspetta le
mestruazioni?”
Mi sono fatta una grassa risata, che per il mio turbolento stato
emotivo è stato un grande momento liberatorio e tornando a casa ho pensato ai soldi risparmiati di una seduta dallo psicologo e al simpatico dottore sposato con una donna che evidentemente mi assomiglia.
Ma gli uomini pensano davvero che le donne siano delle
creature mediamente isteriche sregolate da flussi ormonali ballerini?!?
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