Era pallida.
Le mani si accarezzavano l’un l’altra, sul grembo, in un muto gesto di consolazione.
Rughe di un profondo dispiacere le segnavano gli occhi che
rifiutavano un contatto, lo sguardo perso a rincorrere una strada che la portava
chissà dove. Aveva labbra screpolate che mormoravano parole che nessuno sentiva e portava un cappello grigio, di lana grossa, che copriva a malapena un grosso
ematoma sul lato destro del viso.
Sette e trenta, leggevo Repubblica sul tram che ogni mattina mi porta
a lavoro, articoli che parlano di stupri a Milano, di una madre e una figlia
uccise a colpi di martello da un uomo che era la loro famiglia, quando questa
giovane donna si è seduta difronte a me.
Sarebbe stata graziosa se si fosse curata di più. Le unghie
mangiucchiate non ingentilivano le sue lunghe dita. Le spalle curve, e l’assenza
di sorriso invecchiavano una figura snella, un viso dall’ovale perfetto. Dalle
calze nere, traspariva una vistosa macchia scura sulla gamba. Si è accorta di
essere osservata, ha abbassato lo sguardo, furtivo, impaurito, tipico dell’animale
braccato.
Si chiama Silvia, vive nell’appartamento accanto al mio.
Lei sa che sento le
urla, i suoi pianti, le sfuriate di quell’impeccabile uomo d’affari che è suo marito.
Sa che spesso di notte, mi svegliano le lacrime di sua figlia.
Sa che sento i tonfi, gli insulti, gli schiaffi di quell’orco
di suo marito.
Si vergogna.
Ho provato tante volte a parlare con lei in ascensore, lungo
la strada che porta alla scuola dei nostri figli, sul tram, ma a stento mi
augura il buongiorno. E’ piegata dalla violenza di un uomo che si è scelto come
compagno di vita. Mi chiedo, senza giudicare, quale mancanza d’amore l’abbia
portata ad accettare una vita d’inferno. Come fa a sopportare tutta questa
mancanza di rispetto?
E’ davvero convinta che lui la picchia per il troppo amore
che nutre per lei? Oppure vive in un incubo da cui non è capace di svegliarsi?
Chissà se si chiede
mai come sarebbe la sua vita liberata da tanta violenza, se ha ancora la forza
per sognare una vita migliore, senza paura.
Purtroppo lo Stato non tutela affatto le donne come Silvia,
non regala un appoggio concreto per venirne fuori, non fornisce un aiuto valido
e una protezione sociale efficace per svincolarsi da un rapporto malato.
Le donne come Silvia hanno paura, terrore delle conseguenze,
delle ritorsioni, della vendetta.
Silvia è sola a combattere la sua battaglia, con una figlia
da proteggere.
Le donne come Silvia in Italia ce la devono fare da sole,
troppo spesso muoiono se si ribellano, uccise dal loro carnefice.
Il populismo maschilista che in Italia regna sovrano, la
mancanza di leggi adeguate, l’indifferenza, uccidono le donne come lei.
Nessuno le fa credere che esistono delle soluzioni.
Si alza dal suo posto per cedere la sedia ad una vecchina
affannata, si sistema la gonna con mani che tremano leggermente, non mi guarda,
non mi saluta, con gli occhi bassi scende alla fermata.
Ti auguro una giornata con delle piccole gioie, che qualcuno
ti regali un fiore, che tu abbia la forza e il coraggio di mettere fine all’orrore
a cui ti sei abituata.
Se vuoi io sono a due passi da te e sarei felice di offrirti
un caffè.
Buona giornata Silvia.
che tristezza..... siamo sempre noi donne a dover subire tutto ciò...
RispondiEliminaComplimenti per come lo hai scritto, mi ha colpito il cuore... baci E.