martedì 15 gennaio 2013

A Silvia



Era pallida.

Le mani si accarezzavano l’un l’altra, sul grembo,  in un muto gesto di consolazione.

Rughe di un profondo dispiacere le segnavano gli occhi che rifiutavano un contatto, lo sguardo perso a rincorrere una strada che la portava chissà dove. Aveva labbra screpolate che mormoravano parole che nessuno sentiva e portava un cappello grigio, di lana grossa, che copriva a malapena un grosso ematoma sul lato destro del viso.

Sette e trenta, leggevo  Repubblica sul tram che ogni mattina mi porta a lavoro, articoli che parlano di stupri a Milano, di una madre e una figlia uccise a colpi di martello da un uomo che era la loro famiglia, quando questa giovane donna si è seduta difronte a me.

Sarebbe stata graziosa se si fosse curata di più. Le unghie mangiucchiate non ingentilivano le sue lunghe dita. Le spalle curve, e l’assenza di sorriso invecchiavano una figura snella, un viso dall’ovale perfetto. Dalle calze nere, traspariva una vistosa macchia scura sulla gamba. Si è accorta di essere osservata, ha abbassato lo sguardo, furtivo, impaurito, tipico dell’animale braccato.

Si chiama Silvia, vive nell’appartamento accanto al mio.

 Lei sa che sento le urla, i suoi pianti, le sfuriate di quell’impeccabile uomo d’affari che è suo marito. Sa che spesso di notte, mi svegliano le lacrime di sua figlia.

Sa che sento i tonfi, gli insulti, gli schiaffi di quell’orco di suo marito.

Si vergogna.

Ho provato tante volte a parlare con lei in ascensore, lungo la strada che porta alla scuola dei nostri figli, sul tram, ma a stento mi augura il buongiorno. E’ piegata dalla violenza di un uomo che si è scelto come compagno di vita. Mi chiedo, senza giudicare, quale mancanza d’amore l’abbia portata ad accettare una vita d’inferno. Come fa a sopportare tutta questa mancanza di rispetto?

E’ davvero convinta che lui la picchia per il troppo amore che nutre per lei? Oppure vive in un incubo da cui non è capace di svegliarsi?

 Chissà se si chiede mai come sarebbe la sua vita liberata da tanta violenza, se ha ancora la forza per sognare una vita migliore, senza paura.

Purtroppo lo Stato non tutela affatto le donne come Silvia, non regala un appoggio concreto per venirne fuori, non fornisce un aiuto valido e una protezione sociale efficace per svincolarsi da un rapporto malato.

Le donne come Silvia hanno paura, terrore delle conseguenze, delle ritorsioni, della vendetta.

Silvia è sola a combattere la sua battaglia, con una figlia da proteggere.

Le donne come Silvia in Italia ce la devono fare da sole, troppo spesso muoiono se si ribellano, uccise dal loro carnefice.

Il populismo maschilista che in Italia regna sovrano, la mancanza di leggi adeguate, l’indifferenza, uccidono le donne come lei.

Nessuno le fa credere che esistono delle soluzioni.

Si alza dal suo posto per cedere la sedia ad una vecchina affannata, si sistema la gonna con mani che tremano leggermente, non mi guarda, non mi saluta, con gli occhi bassi scende alla fermata.

Ti auguro una giornata con delle piccole gioie, che qualcuno ti regali un fiore, che tu abbia la forza e il coraggio di mettere fine all’orrore a cui ti sei abituata.

Se vuoi io sono a due passi da te e sarei felice di offrirti un caffè.

Buona giornata Silvia.

1 commento:

  1. che tristezza..... siamo sempre noi donne a dover subire tutto ciò...
    Complimenti per come lo hai scritto, mi ha colpito il cuore... baci E.

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