Viola
...Il cielo
stellato si era illuminato di una tiepida luce, il buio lasciava il posto ad un
nuovo giorno. Il viso di Viola era segnato da una notte insonne passata a
scrivere, a correggere, riordinare i pensieri.
Mosse in tutte
le direzioni la testa nel tentativo di non sentire quel dolore sordo alla prima
vertebra che l’affliggeva già dopo un paio d’ore, seduta alla scrivania.
"Anche
questa notte è passata!", si disse guardandosi al grande specchio
rettangolare accanto al letto.
Aveva un
aspetto orribile, i lunghi capelli neri erano aggrovigliati, il trucco intorno
agli occhi sbavato, dava un’idea di sporco e disordinato.
Una doccia
avrebbe sistemato tutto, pensò pratica.
I giorni
precedenti l’anniversario della morte di Fiorella erano giorni in cui Viola
perdeva il controllo della sua vita.
Erano passati
quasi dieci anni da quel giorno tremendo e il dolore bruciava dentro,
straziante come allora.
Iniziava tutto
in maniera casuale: prima delle inusuali disattenzioni, poi piccole ferite in
cucina, le accidentali cadute, infine l’insonnia.
L’ansia che le
toglieva il fiato arrivava di notte, silenziosa e subdola, le stringeva il
petto, la costringeva ad una veglia costante, timorosa.
I ricordi, gli
odori, le sensazioni di quei giorni ormai lontani, tornavano come uno schiaffo
a ricordarle cosa fosse successo.
Aveva messo via, meticolosamente, tutti gli oggetti che
potessero portarla indietro con la memoria, aveva conservato le foto, regalato
i vestiti, aveva stipato in soffitta tutti i ricordi legati a lei, in un grosso
baule chiuso da dieci anni.
L’assenza però a volte è più
potente della presenza.
“Non è vero che il tempo
cancella le ferite…”, si disse Viola immersa fino al collo nella vasca smaltata
di verde.
“Ci si abitua a portarle
addosso come un marchio indelebile di infelicità, come un’incrinatura del tuo
essere che sarebbe stato diverso senza quei segni.
È l’abitudine alla sofferenza
che rende possibile continuare a vivere, è la lenta accettazione di quello che
è accaduto che ti permette di vivere un giorno dopo l’altro”.
Ancora oggi, dopo dieci anni,
in una piccola parte di lei, ad ogni attimo di felicità, ne seguiva uno di
profondo sconforto.
Lei non poteva permettersi di essere
felice, non fino in fondo.
Era viva, mentre Fiorella non c’era più e questo le doveva
bastare, si disse prima di immergere la testa sotto l’acqua coperta da bolle
profumate. Il gallo, in lontananza, dava il benvenuto al nuovo giorno...
Curiose forme d'amore (Albatros edizioni)
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