lunedì 23 marzo 2015

Cari Peter...


Cari Peter,

Lo dico da anni.
Ha rovinato più uomini la favola di Peter Pan che il Viagra.

Strumentalizzata e mal interpretata è diventata  il simbolo di almeno tre generazioni tra i quaranta e i cinquanta, di maschi involuti.

Peter rappresenta i sogni, l’ingenuità, il candore e lo stupore di una stagione della vita che si apprezza solo più avanti.

Ci esorta a coltivare quella parte di noi che spesso dimentichiamo, a non tralasciare il gioco e l’attitudine a vedere il mondo con gli occhi meravigliati di un bambino. A fare “oh”, ad essere entusiasta, tipo “un bicchiere di vino con un panino è la felicità, felicità ”.

Poi ci sono loro, quelli che la favola l’hanno capita male e stravolta.

Anagraficamente quarantenni, potenzialmente uomini, emotivamente devastati.

Non vogliono soffrire, non si vogliono impegnare, leggeri, divertenti, brillanti, fuggono evanescenti.

Fottutamente innamorati di Wendy ma incapaci di regalare amore a qualcuno che non sia il proprio ego.

Cari Peter, Wendy a un certo punto dopo viaggi immaginari, ricchi giochi, innamoramento e cotillon, molla Peter con un bacino e molto gentilmente gli dice trallallero "trallalà , ti amo… ma vado."  

Perché siamo donne. Ci rompiamo i coglioni.

A voi rimane Trilly che è a fare due conti spicci è sessualmente incompatibile, dispettosetta e pure un ciccinino paranoica.

Poi se si chiama ” Sindrome” di Peter Pan, non è una malattia ma poco ci manca, a me suona molto poco salutare.

Quindi cari Peter, soffrite! Struggetevi. Ammalatevi d’amore. Guarite per carità.
Salvatevi.

 

 

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